SHORT FAIRY TALES FOR ADULTS

Short Fairy Tales for Adults (Brevi favole per adulti) è una mostra dell’artista Driant Zeneli composta da tre differenti lavori realizzati tra il 2022 e il 2023: una serie di undici disegni dal titolo The Snail and the Ostrich (La Lumaca e lo Struzzo), un video dal titolo The leaf (La foglia), primo capitolo della nuova trilogia The Valley of the Uncanny Lovers, e infine una nuova e inedita produzione realizzata per la residenza ospitata da Ramdom, e terza delle favole della serie Short Fairy Tales for Adults, dal titolo The ostrich and the ladybug (La Coccinella e lo Struzzo).  Questi nuovi lavori impongono, in modalità e con media differenti il simbolismo di una realtà fatta di sogno. Una realtà che apre a mondi in cui tutti gli aspetti, anche quelli con le caratteristiche più faticose, angoscianti o perturbanti, gli incubi stessi, possono assumere una connotazione positiva. Una realtà in cui la mancanza diventa la guida per trovare su un piano evocativo, poetico ed emozionale un ribaltamento dell’ordine quotidiano. Questi elementi, come dice l’artista stesso, producono una <<sfida ai limiti fisici e intellettuali mettendo in scena situazioni ironiche e oniriche, a volte assurde>>.

La Coccinella e lo Struzzo <<vivevano entrambi nel giardino di un antico palazzo, separati da un muro alto fatto di mattoni di pietra di tufo. La coccinella e lo struzzo non si erano mai conosciuti e non sapevano dell’esistenza l’uno dell’altra. Ciò che li accomunava era la grande curiosità di sapere cosa ci fosse oltre quelle alte mura che sembravano mattoni di sabbia>>. Inizia così la favola che Driant co-scrive appositamente per questa occasione e questo contesto con Mimmo Pesre

Come le altre, ad esempio La Lumaca e Lo Struzzo, realizzata con la psicoanalista e filosofa lacaniana Leeanne Minter, queste nascono da un meccanismo giocoso e di scambio che prevede poche regole: l’inversione di ruoli paziente-terapeuta; la presenza di due animali di cui uno, l’artista, è sempre lo struzzo mentre l’altro viene scelto di volta in volta dal terapeuta; un’architettura; e un processo di trasformazione. In queste è quindi possibile ritrovare alcuni elementi ricorrenti nel lavoro di Driant: la costruzione di un’opera attraverso un processo, spesso collaborativo, in cui l’artista accetta la perdita di controllo. Le nuove opere nascono infatti da una collaborazione, oltre che con Mimmo Pesare, con Roberto e Gabriele, artigiani della cartapesta che insieme a lui costruiscono le due sculture; l’utopia e il sogno come elementi capaci di indagare e ridiscutere il presente; e l’ossessione per la gravità, in questo caso connaturata nello struzzo, un animale dotato di ali ma incapace di volare. Ancora una favola, dunque, non per bambini ma per adulti. Una favola, così come le altre, dal sapore agrodolce e dal finale imprevisto, certamente grottesco e dark, che non prevede un insegnamento o una morale. 

Ma, del mondo delle favole, anche quelle di Driant preservano una caratteristica formale: sono scritte in maniera particolarmente asciutta ed iniziano da un qui, in questo caso un palazzo antico, <<un mondo stabile, un mondo abitato, un mondo che il protagonista pensa sia il suo mondo>>. Un mondo che presto o tardi viene messo in crisi dal dubbio e dal tentativo, prima dello struzzo, poi della coccinella, di trovare altro. Sono quindi il contesto e i protagonisti, generalmente due nelle favole di Driant e non uno come avviene abitualmente, che con le loro mancanze e affascinanti potenzialità, attivano un’ipotesi di racconto. Lo struzzo e la coccinella, infatti, mossi dalle loro inquietudini e frustrazioni cercano di trovare altro passando attraverso un processo di trasformazione: lo struzzo che non riesce a volare anche se ha le ali, ma pensa di saperlo fare e vuole vedere cosa ci sia oltre le mura del castello; e la coccinella che, sentendosi diversa da tutte le altre perché ha solo sei punti neri, si mette alla ricerca del settimo. La trasformazione di sé stessi e del mondo attorno diventa così la spinta che li conduce, in modo completamente diverso, a raggiungere una grotta in cui il mondo che c’era prima cambia costringendo i due animali a cambiare nel tempo le proprie abitudini. 

A questo punto della trasformazione che li porta a convivere pacificamente ci si aspetterebbe il lieto fine e invece, la coccinella e lo struzzo, prima vedono fallire ogni loro tentativo di evasione da quella che è diventata una <<prigione naturale>>, e poi vengono colpiti da un fulmine e calcificati. L’unico modo in cui riescono a muoversi è quello che possiamo vedere in mostra: attraverso piccoli e scattanti movimenti robotici. 

La transizione e la metamorfosi sono un elemento che possiamo rintracciare anche in altri lavori dell’artista: è il caso ad esempio del video The leaf (La foglia) primo capitolo della serie The Valley of the Uncanny Lovers (La valle degli amanti misteriosi). Qui una foglia invoca l’aiuto del vento per raggiungere un fiore, oggetto del suo amore platonico, che vive a terra. Quando riesce nel suo intento si accorge che in realtà il fiore è una batteria al litio senza vita con la quale, nonostante la scoperta, decide di voler vivere fino alla fine. Una fiaba, anche questa inquietante per certi versi, che descrive, nel tentativo di indagare <<lo spazio quotidiano negli edifici modernisti degli anni ’70/’80>>, un sentimento perturbante che anima una relazione tra artificiale e naturale. Tutti i lavori e le storie presenti nella mostra sono quindi attraversati da un forte potere evocativo: sono espressione, e allo stesso tempo depositarie, di un immaginario che viene da lontano; mettono in moto la vita interiore e allo stesso modo ci costringono a farci delle domande o per lo meno a cambiare il nostro punto di osservazione. Alcune, quelle classiche, le possiamo interpretare e spiegare da cima a fondo, per altre, come quelle di Driant che sono spesso irrisolte e ci lasciano davanti ad un finale aperto, dobbiamo desistere

La funzione trasformativa della realtà attraverso la funzione poetica implica quindi una forte critica alla nostra idea convenzionale di verità, indica un’azione non pacificata dell’opera e implica, infine, un abbandono della coerenza logica ma l’uso, come nel caso del lavoro di Driant, dello slancio utopico e del sogno come <<elementi capaci di aprire alternative possibili>>.